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Data

29 October 2023

Scritto da

Francesca Battistella

Un terribile amore per la guerra. (Una riflessione molto personale).

Sforzarci di comprendere la guerra potrebbe addirittura essere un problema morale. J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi, 2005


Questo sostiene lo psichiatra e psicoterapeuta James Hillman nel suo saggio del 2004 del quale ho rubato il titolo per il blog di oggi. Confesso di non essere riuscita a leggerlo tutto per mancanza di tempo e complessità dello scritto, ma alla base delle sue considerazioni c’è che la guerra, come l’amore, appartenga al mondo delle pulsioni e - ecco una delle possibili spiegazioni - a quello della mitologia dove Ares e Afrodite, guerra e amore, sono un binomio inscindibile. Un’altra cosa mi ha colpita fra le molte argomentazioni di Hillman a supporto delle varie tesi secondo le quali è quasi impossibile evitare lo scatenarsi di conflitti come quelli ai quali stiamo assistendo in questi ultimi tempi - per non parlare degli altri che hanno preceduto la nostra nascita e quella dei nostri nonni e avi -: la Madre Terra e il sacrificio di sangue che essa richiede:
“… lo scorrere del sangue come una libagione offerta alla terra; …le battaglie come terrificanti atti di consacrazione, i campi come terreno sacro…” (pag. 118)
Queste pagine che tendono infine a spiegare altro - il potere degli dei su tale aberrante e distruttivo comportamento umano, detto in soldoni - mi hanno invece spinta a considerare i luoghi poco lontani da noi in cui al momento si svolgono due delle guerre più assurde e minacciose per l’equilibrio, ahimè già precario, dell’Occidente: l’Ucraina e la Palestina. Per quanto mi sforzi non riesco a immaginare terre più ‘insanguinate’ di queste, dove per anni, se non per secoli, gli uomini di opposte etnie o religioni o convinzioni politiche, si sono scontrati, massacrati, straziati senza ottenere, alla fine, alcun vantaggioso risultato o alcun sensibile mutamento rispetto alla situazione iniziale. In particolare, per la Palestina e Israele parliamo di stati creati in gran parte a tavolino da un Occidente miope e afflitto dai sensi di colpa. E mi viene da dire: caro Ovest, potevi pensarci prima! Troppi interessi, però, troppa cattiva volontà e di sicuro molta ignoranza, avidità e superficialità ormai impossibili da cancellare. Resta il dolore profondo, la disperazione di chi, oggi come ieri, questo orrore è costretto a subirlo senza averlo voluto e men che meno scatenato. A pagare non è mai chi sta in cima alla piramide e ordina i conflitti, ma la gente. Sono loro le case, i campi, le scuole, le chiese o le moschee o i templi che vengono distrutti. Loro le madri, i mariti, i figli che muoiono, ma nessuna protesta viene ascoltata da chi dovrebbe e potrebbe fermare l’orrore. I motivi? Così tanti che manca lo spazio per elencarli, ma se ci si ferma un attimo a pensare al famoso ‘cui prodest’ non è difficile arrivarci.
Non molto diversa la vicenda di Russia contro Ucraina e del violento dibattito che si è scatenato sull’invio di armamenti perché questo martoriato Paese potesse opporsi, resistere e, si spera, vincere l’aggressione di Putin. Aggressione che, con un filo di lungimiranza, ci dovevamo aspettare dopo quella del 2014. O ci illudevamo che i due anni di Covid avessero reso anche lo Zar più buono e meno guerrafondaio? Aiutare l’Ucraina, sì o no? Ma gli italiani non hanno nella loro Costituzione un articolo in cui sostengono di rifiutare la guerra? E gli svizzeri non erano neutrali al cento per cento? Ignazio Cassis, all’epoca presidente della Confederazione, non doveva restare silenzioso e defilato davanti a questa guerra riservandosi un semplice ruolo diplomatico di mediatore? E come si fa! Impossibile non prendere posizione, per tutti. Meno corretto, a parer mio, organizzare a guerra in corso, un tavolo europeo sulla ricostruzione dell’Ucraina. L’impressione che ne ho ricevuto è stata pessima. Mi pareva che quei gran signori dicessero: appena possibile, vedrete che ci sarà da guadagnare, un po’ come quei costruttori che si scambiavano complimenti e risate soddisfatte dopo il terremoto dell’Aquila. Esagero? Può darsi. Con l’età si diventa cinici. 
Di sicuro, starsene zitti quando Putin - non i russi, io la vedo così - ha ordinato l’attacco all’Ucraina, non era concepibile. Ecco il parere di Emanuele Parsi:
“Quello che qui sostengo è che la pace interna all’Europa può essere difesa con mezzi pacifici fin tanto che anche chi è ai suoi confini accetta di farlo, ma dev’essere difesa con altri, più classici mezzi se qualcuno la minaccia dall’esterno. È un inganno pensare che ‘pacifico’ significhi ‘imbelle’… La ‘strategia dell’opossum’ non paga in politica internazionale. Chi si finge morto, in realtà, è già morto.”(p. 27 - Il posto della guerra, Bompiani, 2022).
La mia generazione, quella che l’ha di poco preceduta e tutte le nuove leve qui in Occidente non credo abbiano capito la loro sfacciata fortuna. Ci ha provato lo scrittore israeliano Grossman a spiegarglielo, con quale successo non saprei. Le guerre, noi, le abbiamo sempre viste da lontano o sul piccolo schermo o al cinema. Da bambina ricordo i racconti dei miei nonni che avevano assistito e partecipato a ben due Guerre Mondiali, o di mio padre, ufficiale medico nell’ultima. O di mia madre la quale, durante il periodo vissuto a Treviso in tempo di guerra, girava per le chiese con un’amica dopo i bombardamenti per capire se fra i morti accatastati lì dentro ci fossero amici e conoscenti di cui non si avevano più notizie. O della mia nonna paterna che a Padova si era trovata seduta sulle rovine della villetta dove abitava con un piatto di gnocchi ricoperti dalla polvere di calcina in mano. E l’era andata bene! La guerra è questo e molto peggio di questo. Un inutile, insensato orrore e di certo non ‘l’igiene del mondo’ invocata dai futuristi o il grido esultante del generale Patton di fronte a un campo di battaglia cosparso di resti meccanici e umani: “Che Dio mi perdoni, ma come amo tutto questo!”. Di nuovo, Ares e Afrodite, guerra e amore stretti in un sanguinoso abbraccio.
Più volte, nel corso della vita, di fronte ai molti conflitti di cui sono stata testimone dal mio angolo protetto di mondo ho invocato soluzioni che lasciassero fuori da morte e distruzione le popolazioni inermi. Una per tutte? Prendere chi intende scatenare la guerra e farlo scendere in campo armato solo di un randello contro il suo omologo del Paese opposto. E vinca il migliore! Vi immaginate Putin contro Zelensky o Netanyahu contro il capo di Hamas? Sarebbero ancora d’accordo a battersi a queste condizioni? A pagare fisicamente e in prima persona le loro scelte? Ok, utopia e vaneggiamenti. Certo che non si può fare, ma immaginarlo mi diverte tanto e mi consola un poco.

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