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Data

25 February 2024

Scritto da

Francesca Battistella

Ah, che capolavoro!! Uso e abuso di un termine oggi troppo utilizzato.

Prendo spunto da un post della scrittrice e traduttrice Sara Bilotti apparso di recente su Facebook per una mia riflessione sull’argomento. 


Nella sua bella analisi, Sara fa riferimento all’uso spropositato del sostantivo ‘capolavoro’ nelle recensioni di libri contemporanei che sovente non lo meritano. Addirittura, parole sue, pare che il termine sia più usato della parola ‘resilienza’ - che io detesto con ogni fibra del mio corpo, ma qui sarebbe troppo lungo spiegarne il perché - la qual cosa la dice lunga sull’eccesso di utilizzo.

Ora, al di là delle giuste argomentazioni e considerazioni di Sara nel merito specifico, sorge in me una domanda più ampia. Cosa si può considerare un capolavoro? E non è forse tutt’altro che universale e invece molto soggettiva la definizione che ne diamo? Per esempio, gran parte dell’umanità considera la Gioconda di Leonardo Da Vinci un capolavoro. Ormai, direi piuttosto che è un’icona pop più di Lady Gaga o Madonna, riprodotta - Walter Benjamin sa di cosa parlo - milioni di volte in ogni possibile versione dell’originale; pasticciata e svilita, sbeffeggiata e stranita. Bene. Per me la Gioconda è un quadro inquietante e brutto, non lo vorrei come regalo e neppure come riproduzione. Un’antipatica faccia da schiaffi con il suo sorrisetto ambiguo e supponente. Grazie. Anche no. Molto meglio la splendida Vergine delle rocce, quello sì, per me, un capolavoro.

Ma andiamo avanti e addentriamoci nel vasto mondo della letteratura. Sì, oggi forse più che leggere bisognerebbe ri-leggere pescando a piene mani fra i ‘capolavori’ del passato, magari anche recente, dove per recente intendo il secolo appena trascorso. E ci risiamo. Quali ‘capolavori’ scegliere? Mi è capitato più e più volte di affermare che i libri sono come i profumi: ciascuno di noi ha il proprio o i propri. Chi ama le essenze secche e agrumate, difficilmente gradirà una fragranza dolce e speziata, ad esempio. Di conseguenza, regalare un profumo è la cosa più difficile del mondo anche se conosciamo benissimo la persona. Un po’ come regalare una cravatta ai nostri mariti o compagni. Mission Impossible. Tanto più immaginare che un libro considerato universalmente un capolavoro lo sia davvero per tutti. Prendiamone uno a caso: Moby Dick di Melville. Mi chiedo quanti fra coloro che inneggiano a quest’opera l’abbiano davvero letta fino in fondo - alla classificazione delle balene la mia copia è volata dall’altra parte della stanza. Mi dispiace, ma tant’è. Mi chiedo inoltre se plaudire, senza se e senza ma, a chi reclamizza un certo libro come un capolavoro, non sia frutto di un complesso d’inferiorità o della paura di venir tacciati di ignoranza e brutalmente messi da parte. Ma perché mai? Un po’ di coraggio, suvvia. Non sempre quello che piace a tanti - o viene sbandierato come unico e assolutamente da leggere pena la gogna alla quale si condannano i dissenzienti - deve per forza piacere anche a noi. Di nuovo, incontrare un libro mai letto è come incontrare una persona sconosciuta. Non è detto che ci siano delle affinità, non è detto che ci si debba piacere a tutti i costi. Come non è detto che ci si debba piacere subito.

Capita a volte che solo il tempo ci mostri il bello e il buono dell’altra persona, come parimenti accade che un libro letto oggi non ci piaccia, ma ripreso dopo anni si riveli una meravigliosa scoperta. Ci sono tempi e modi per tutto. Peccato che per me, questo non sia il caso di Moby Dick. Al contrario, come a diciassette anni avevo letto tutti i volumi della Recherche di Proust, quando ho ripreso in mano il primo un paio d’anni fa mi sono chiesta come diavolo avessi fatto all’epoca. Ricordo recensioni entusiaste condite da lodi sperticate a Il cardellino di Donna Tart che personalmente ho trovato orrendo con un finale totalmente incongruo per la repentina metamorfosi del protagonista in pistolero genere Far West - la parte migliore, veramente ottima del libro è il suo inizio: l’attentato al Museo. Chapeau! Ho letto di recente commenti esaltati a Le schegge di Bret Easton Ellis chiedendomi perché. Be’, certo, se volete sapere tutto sull’arredamento delle ville di Hollywood e chi le bazzicava negli anni ‘80, se volete imparare i nomi di una serie di strade di Los Angeles chilometraggio incluso o essere resi edotti sulle tecniche di accoppiamento di omosessuali ed etero o siete dei patiti del Grand Guignol fine a se stesso, ok, accomodatevi. Ma Stephen King - tanto citato e amato da Bret - è un’altra cosa, un Maestro senza paragoni. Però, belle le musiche di quel periodo. Le ricordavo benissimo e ho provato tenerezza. In compenso, potrei senza problemi rileggere per la quarta volta Madame Bovary di Flaubert o Memorie di Adriano della Yourcenar che considero dei capolavori. Idem per Il Signore degli anelli sebbene il fantasy non sia il mio genere. E se mi applico chissà quanti altri me ne vengono in mente. E se dovessi elencarli, chissà quanti di voi direbbero: ma no! Per carità! Un capolavoro quello?! Alla fin fine, di un libro si può dire quello che si dice di un medico: è bravo quello che riesce a curarti. Il libro che ti piace tanto, che consideri un capolavoro, è quello che è riuscito a parlare alla tua anima, a toccare una nota che portavi nel cuore e a farla vibrare, quello che ti ha insegnato qualcosa e al quale continui a pensare con gioia e rammarico - perché lo hai terminato - una volta letto.

Piace solo a te? Fattene una ragione e soprattutto che se la facciano gli altri. Perciò, proviamo a lasciar perdere le parole altisonanti e spesso abusate e spediamone invece qualcuna in più per argomentare su quanto di buono o meno buono c’è in quel particolare libro o in generale nell’opera che abbiamo davanti. Facciamo lavorare la mente e il cuore destreggiandoci in questo difficile esercizio di equilibrio. E teniamo presente che qualunque cosa sia, libro o opera d’arte in generale, verrà giudicata eccelsa o pessima, con tutte le possibili vie di mezzo, sempre e soltanto a livello personale, fatta salva la poca onestà intellettuale di qualche addetto ai lavori. Ma vi prego di avere pietà di loro. Non è un mestiere facile, credetemi, e non detto che si debbano ascoltare i loro consigli come fossero vaticini di una qualche entità superiore. Abbiamo un cervello pensante ricco di capacità critica. Usiamolo ogni tanto.


Forza! Fate anche voi un bel elenco dei vostri personali capolavori.


Foto di Eric TERRADE su Unsplash

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