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Data

15 July 2023

Scritto da

Francesca Battistella

Come si scrive un giallo - PARTE QUARTA

Dove parliamo di cliché, di editing e facciamo una rapida escursione nel giallo storico.

I cliché. Giusto. Ecco cosa sono per me i cliché, con la solita, doverosa premessa che questo è un corso semi serio e riporta opinioni molto personali, di sicuro non intese a offendere qualcuno!
Fra le altre attività, scrivo recensioni di libri, in special modo gialli - ma anche noir, thriller e romanzi in generale. Sono e sono stata nelle giurie di concorsi e premi letterari dove spesso il giallo la faceva da padrone. Capita così che ci siano settimane in cui leggo anche quattro libri di seguito con relativa e progressiva devastazione del mio già scarso patrimonio di neuroni.
Dunque leggo tanto e purtroppo certe ripetizioni mi saltano agli occhi. Vi parlerò solo di alcune. Citarle tutte sarebbe impossibile, ma più gialli leggerete più ne scoprirete voi stessi. Ho già detto che i cliché sono come le mode, difficili da evitare. Per esempio, di questi tempi la maggior parte delle ispettrici, commissarie, vice-questore, profiler hanno i capelli rossi, colore peraltro difficilissimo da portare dopo una certa età. A seguire, quasi tutte hanno una vita complicata: madri o padri in demenza o moribondi, figli sull’orlo del suicidio o comunque poco comunicativi, compagni o mariti che vanno e vengono. Fate voi. E io continuo a pensare a Maigret, ma soprattutto alla Signora Maigret, a questa coppia meravigliosa e resistente a tutto. Ci penso con nostalgia e rimpianto sebbene mi renda conto che l’evoluzione dei tempi ha lavorato contro di loro in modo ineluttabile. Unica eccezione al trend attuale un sovrintendente che appare nei gialli di Alessandro Robecchi con una moglie complice e speciale. Una coppia adorabile. Una ventata di freschezza e speranza. Andiamo avanti. Se le protagoniste, e investigatrici a vario titolo hanno un compagno non sarà mai un rapporto semplice e lineare. E quando dico mai, intendo MAI! In special modo se c’imbattiamo in una serie. Li incontriamo nel primo libro che vanno abbastanza d’accordo, ma di sicuro nel secondo inizieranno a litigare e poi a lasciarsi per ricongiungersi nel terzo, però non è certo. Spesso sono gli editor o gli editori a suggerire all’autore questo ‘balletto’ con la scusa che ‘tira’, il pubblico se lo aspetta, se fai il/la poliziotto/a non puoi avere una vita serena e dei rapporti stabili, una relazione ‘normale’ (ammesso che ne esistano a questo mondo!). E sia. Ma anche no. Leggere uno o due gialli così, a distanza di tempo, passi. Ma se te ne capitano sei di fila concepiti in questo modo - e a me succede - ti viene la nausea.
La regola n. 2 del decalogo di Knox recita: Tutti gli interventi soprannaturali e paranormali sono esclusi dalla storia. E qui potrei ridere fino alle lacrime se penso alla quantità di gialli usciti negli ultimi anni in cui questo principio è stato totalmente disatteso. Con fortune alterne, nel senso di grandi successi o terribili tonfi. Dal formidabile commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Maurizio de Giovanni che vede le ombre dei morti ammazzati recitare l’ultima frase prima di morire - ma ci sta, perché il mondo esoterico napoletano è popolato da personaggi che parlano con i morti, li vedono e li sognano. Come gli assistiti, ad esempio - ai finali di molti, ahimè troppi, libri nei quali l’autore, non sapendo come cavarsi d’impaccio, invoca presenze ultraterrene, tipo il diavolo, per chiudere in bellezza. E così anche questo è diventato un cliché. Inutile e irritante.
Chiudiamo questa parentesi, sebbene parziale, e occupiamoci della parte più difficile e sgradevole del lavoro di uno scrittore: l’editing del proprio libro. Avete lavorato come ossessi, controllato il controllabile, rotto l’anima a chiunque avesse manifestato un qualche interesse nel vostro scritto perché lo leggesse e vi desse un parere - raro che abbiate trovato un amico o un parente così onesto da criticarvi in modo costruttivo. Sono tutti terrorizzati dalla permalosità di noi autori, ricordatevelo! - avete lasciato decantare il manoscritto per settimane in modo da poterlo rileggere come se fosse stato scritto da qualcun altro e beccare così pecche ed errori materiali. Credete basti? Macché. Se troverete - e ve lo auguro di cuore - un editore disposto a pubblicarvi, un editore che nel vostro lavoro abbia visto un potenziale letterario, ma soprattutto un potenziale economico, dovrete passare per le forche caudine dell’editor. Vi arriverà pertanto il file del vostro libro con inquietanti evidenziature colorate di taluni periodi toccando le quali si apriranno come fumetti delle graziose nuvolette dentro le quali - orrore e raccapriccio - leggerete i commenti dell’editor. Cosa succede in seguito dipende dall’editor e dipende da voi. Ci sono editor gentili, pronti all’ascolto e alla discussione pacata di fronte a modifiche da loro suggerite che proprio non vi vanno a genio o che faticate a eseguire. E ci sono editor allevati nel totalitarismo, muniti di frusta, tetragoni e implacabili, del genere ‘si fa così e basta’ che vi precipiteranno nello sgomento e nella depressione. Penserete: chi me l’ha fatto fare? Ah, se solo avessi saputo! Tutti, però, hanno qualcosa da insegnarvi e con pazienza e buon garbo, alla fine, con tutti si può venire a patti o raggiungere un compromesso. Dopo tutto, l’editore vi ha messo sotto contratto e dunque ce l’avete fatta. Questo, in fondo, è un pegno da pagare e non è detto che, con i giusti suggerimenti, il vostro lavoro non diventi migliore e quindi più apprezzato. Inoltre, se incontrerete l’editor giusto, diventerà un amico o un’amica per la vita perché tirerà fuori il meglio da voi e vi farà capire quanto ancora potete dare alla scrittura. Insomma, scatenerà la belva letteraria che è in voi.
Intendiamoci, non capita sempre. Certi libri, usciti assai bene dalle mani dell’autore, sono stati distrutti e immiseriti dagli editor - e dagli editori - per incapacità o per pura avidità commerciale. E dovrei qui citare il caso di un autore di gialli storici molto famoso il cui primo libro pubblicato era terribile. Anni dopo, fu ripubblicato nella sua versione originale per lo stupore di chi lo aveva letto nella precedente edizione: non sembrava lo stesso libro. E diciamole due parole proprio sul giallo storico, forse tra i più complessi da scrivere perché necessita di una documentazione accuratissima. Qui non si scherza, signori miei. L’amica e collega Tiziana Silvestrin che scrive gialli storici ambientati alla corte dei Gonzaga, Signori di Mantova nel 1600, passa il suo poco tempo libero fra mappe polverose e incunaboli e non sbaglia un colpo. Ma diventa una iena se, ad esempio, le capita di leggere in un giallo storico che nell’epoca X si mangiava con la forchetta perché sa benissimo quando e dove le forchette sono state inventate e poi usate. Idem per i bottoni. Cimentarsi con il giallo storico, come vedete, non è semplice se si vuole essere corretti e non giocare sul fatto che ‘tanto i lettori sono ignoranti’. Brutta cosa. Non si fa e basta.


Da lettori, ma anche da scrittori, sapete dire quali cliché vi danno davvero fastidio?


Foto di Adryan RA su Unsplash

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