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Data

02 May 2023

Scritto da

Francesca Battistella

Le donne che fecero l’impresa

Dovremmo sempre ricordare con riconoscenza le donne vissute prima di noi e la loro fatica per conquistarsi un adeguato spazio vitale.

Nel 2022, dopo diversi mesi di collaborazione nelle recensioni di libri per la rivista Airone (Cairo Editore), la Caposervizio Manuela Stefani, mia cara amica, nota e ottima scrittrice, mi propose qualcosa che non avevo mai fatto prima: scrivere, partendo da uno o più libri, articoli su personaggi in qualche modo famosi per carriera, impegno sociale o politico, vita personale. Dopo un’iniziale reazione di rifiuto - essendo da tempo immemore perseguitata dalla sindrome dell’impostore: figuriamoci se sono capace di fare una cosa simile! - finii per accettare. E devo dire grazie di cuore Manuela, oltre a battermi una pacca sulla spalla per non aver ceduto alle Sirene dell’auto-disprezzo.
È così che ho incontrato una serie di donne, vissute fra la fine del 1800 e durante il primo ‘900, le cui vite straordinarie mi hanno incantata. Donne che, in un’epoca in cui venivano considerate per lo più alla stregua di creature prive di raziocinio, fragili e umorali, incapaci di gestire la propria esistenza, fatte solo per accudire figli, marito e casa, donne da tenere d’occhio al fine di evitare, ad esempio, che leggessero troppo in quanto facilmente suggestionabili, hanno scelto di seguire, con testardaggine e coraggio, un percorso fatto di indipendenza e autonomia, pagandolo sovente di persona. E nel seguirlo, hanno facilitato ciò che la mia generazione (1955) e quelle successive sono riuscite poi ad ottenere. In qualche modo, ci hanno spianato la strada. O così avrebbe dovuto essere, non fosse che molte di loro sono state condannate, da una cultura prettamente maschile, a una damnatio memoriae davvero ingiusta. Non importa, tanto il passato non è modificabile e recriminare serve a poco. Quello che conta è conoscere oggi e tramandare alle generazioni future, le storie di queste donne esemplari, storie che fanno bene al cuore.
Oddio, non proprio tutte, magari. Se prendiamo la Marchesa Luisa Casati Stampa di Soncino (1891-1957), be’ non mi sentirei di proporla a mia nipote diciottenne come un esempio da seguire. Dilapidare in pochi anni un patrimonio costituito all’epoca da 25 milioni di dollari - siamo nel 1935 - non è cosa buona e bella. Eppure, anche la Divina Marchesa ha lasciato dietro di sé una scia inconfondibile di eleganza, diversità, stranezza, originalità tali da poterla definire la prima influencer della Storia o comunque una fra le prime. Bella, longeva, autosufficiente e tosta, è stata la diva del muto Francesca Bertini (1892-1985) che non ha esitato a farsi strada con determinazione in un mondo dove i produttori non erano certo più gentili di Harvey Weinstein. Anzi. Era imperiosa, graffiante come una tigre, creativa. Diventata famosa - e con quale fatica - sceglieva da sé costumi e scene, rimaneggiava copioni, non si faceva sostituire davanti alla macchina da presa, nei momenti difficili o pericolosi, da una controfigura. Non bella, ma intelligente e affascinante è stata Gabriële Buffet Picabia (1881-1985) moglie del pittore surrealista Francis Picabia. Di sicuro amorevole - visto che lui più che una moglie cercava la madre che non aveva avuto - ma anche estremamente critica fino a essere spietata, forse poco materna nei confronti dei quattro figli, ma promotrice delle arti, saggista e musicista, amante di Duchamp e amata da Stravinskij, eroina della Resistenza francese a sessant’anni compiuti. E che dire della meravigliosa, sanguigna, prorompente fotografa Tina Modotti (1896-1942), sartina veneta di umilissime origini, espatriata in America prima e in Messico poi, dedita a propagandare un’arte del popolo e per il popolo, schiacciata nell’anima e nel corpo dalle vicissitudini della vita: la morte violenta delle persone amate, il tradimento di un’ideologia nella quale credeva, la fine di un mondo conosciuto e per la giustizia del quale aveva lottato senza risparmiarsi.

E di un’altra stupefacente creatura di singolare bellezza, lei sì, l’americana Lee Miller (1907-1977), prima modella per Vogue, poi fotografa di moda e successivamente di guerra durante il Secondo Conflitto Mondiale, unica giornalista donna a entrare nel campo di concentramento di Dachau appena liberato. Infine, regina della tavola con le innovative ricette create negli ultimi anni della sua vita. E la scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923), arguta, originale per vita, abiti e pettinature, libera nei comportamenti, un po’ folle se vogliamo, ma di certo una professionista della parola scritta, del periodo ben costruito, del dialogo moderno, dell’inquietudine che i suoi racconti riescono ancora oggi a farci provare e dell’ammirazione mista a pena che avvertiamo per le sue protagoniste così tormentate e confuse, così disperatamente alla ricerca di amore e approvazione. Morta giovane di tisi. Chissà quante altre pagine meravigliose ci avrebbe regalato se fosse vissuta più a lungo!

Chiudo con una mia personale eroina di cui non sono riuscita a parlare altrove. È Amalia Moretti Foggia (1872-1947) nata a Mantova e figlia dello speziale Giovanbattista che mai la trattò come l’orfana che era, ma la tenne accanto a sé nel suo laboratorio insegnandole un’arte antica. Doppia laurea in Scienze Naturali e poi in Medicina, specializzazione in pediatria, prima e unica donna in Italia a raggiungere un simile traguardo, ebbe una vita piena e ricca di amicizie importanti e amore. Fu giornalista e divulgatrice per La domenica del Corriere dove si firmava Dottor Amal - perché se si fosse saputo che era una donna, nessuno avrebbe seguito i suoi dotti e saggi consigli - e poi scrisse a lungo anche per il Corriere della Sera. Progressista, mai si fece coinvolgere in dispute o crociate politiche, ma ciò che ha fatto per le donne, soprattutto quelle appartenenti ai ceti modesti, è stato unico e straordinario. Le sue ricette coniugano buon cibo e parsimonia. Nutrire, per lei, era un gesto d’amore e se fosse vissuta oggi avrebbe bagnato il naso a tante blogger che si occupano di cucina.
Cercate i libri che parlano di loro e leggeteli. Uno lo vedete qui in foto. È il bel volume scritto da Sara Magnoli e Margaret Evangelisti proprio sulla Moretti Foggia che ho avuto il piacere di presentare a Gallarate un paio d’anni fa.
Sono storie che infondono ammirazione e coraggio. Sono queste donne, insieme a tante altre che spero d’incontrare presto, che hanno aperto il cammino verso la parità e l’uguaglianza con tenacia, perseveranza e spirito di sacrificio.


Donne così ognuno di noi può trovarle nella propria famiglia o nel racconto di amici. Non bisogna per forza che siano famose per aver rappresentato un esempio da seguire. Provate a scoprirle!


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