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Data

18 April 2023

Scritto da

Francesca Battistella

Sfide da affrontare e ricordare.

Ma ciascuno deve scoprire quali sono le sue e cosa gli hanno regalato in termini di autostima e gioia. Per me sono state il ballo, pilotare un aereo e scrivere libri gialli.

Questa volta vado sul personale, ma tant’è: i ricordi sono ricordi e qui, poi, parliamo di sfide, momenti importanti della vita degni di essere ricordati e condivisi nella speranza che suscitino in chi legge il desiderio di comporre una propria lista, magari recuperando memorie che si credevano perdute. Qualcuno ha detto che, prima di morire, bisognerebbe aver fatto almeno tre cose: mettere al mondo un figlio, piantare un albero e scrivere un libro. Ora, sul fatto che siano sfide non ci piove! Per quanto mi riguarda figli non ne ho avuti - per scelta - alberi ne ho piantati insieme a tanti fiori e di libri finora ne ho scritti sette (servirà a compensare la mancanza di figli? Chissà. In fondo, scrivere un libro è un atto di creazione piuttosto faticoso, una bella sfida. Forse me la cavo così… a buon mercato). La mia lista personale, però, libri a parte, comprende due ulteriori prove che mi hanno dato una grande gioia e una profonda soddisfazione: l’aver imparato a ballare l’hip-hop e a pilotare un aereo.


E a proposito del ballo, un aforisma piuttosto noto di Nietzsche recita così: “Quelli che ballavano erano visti come pazzi da quelli che non sentivano la musica”. Già, perché può succedere, se si ama davvero danzare, che i piedi si muovano anche nel silenzio perfetto di un luogo qualsiasi al ritmo di una musica che sentiamo noi soltanto. Da bambina, a Napoli, avrei dato non so cosa per frequentare la scuola di balletto classico del Teatro San Carlo, ma non vivendo in città risultò impraticabile. Allora - avevo sette o forse otto anni - mi accontentavo di chiudermi in soggiorno, mettere su un disco di musica classica, ai piedi quelle scarpette di gomma che d’estate si usavano sulle spiagge sassose, e imitare Carla Fracci. Con risultati pessimi, ovviamente.

Però - e chi mi conosce lo sa - sono una persona cocciuta e così ho conservato quel sogno infantile in attesa del momento opportuno. Che finalmente è arrivato, ahimè, passati i cinquant’anni. Ho avuto la grande fortuna d’incontrare un’insegnante giovane, brava e paziente - tutt’ora mia ottima amica - ed entrare a far parte di un gruppo di teenager ballerini di hip-hop così divertenti, simpatici e scanzonati da non far caso a questa ‘nonna’ un po’ folle che si esibiva con loro. L’hip-hop - e chi ha assistito a un’esibizione o ha visto un video lo sa - non è la cosa più facile del mondo se si vuole eseguirla come si deve: pretende velocità, senso del tempo, muscoli saldi, scioltezza e una base ginnica non indifferente.

Ma per me, carente al 90% di queste abilità, era soprattutto una sfida da affrontare nata al seguito di un periodo molto difficile in termini di salute. Ballare, non era solo il sogno chiuso per anni in un cassetto, ma una dimostrazione di vita e vitalità. Ballare mi toglieva di dosso il gravame dei pensieri negativi, delle paure e delle ansie accumulate nei mesi. In più, stare con gente tanto più giovane mi costringeva a dimenticare la mia età, se non altro per non deluderli durante le esibizioni pubbliche e credo sia andata proprio così. Oggi riguardo le foto di saggi ed spettacoli e ritorna nel cuore l’emozione e l’allegria di quei momenti, ricordi che sono un meraviglioso balsamo nelle giornate un po’ grigie che non mancano mai.

 

L’altra sfida che ancora ricordo con grande piacere e un brivido di sincera paura è stata imparare a pilotare un aereo. Di quelli piccoli, s’intende, un Cessna 152, se non ricordo male, a due posti. Stavolta al mio fianco avevo un istruttore ex pilota di Caccia da combattimento - e non chiedetemi di più perché non saprei dire modello o altro - aerei che in certi momenti ti mandano in ‘visione grigia’ e poi ‘nera’. Insomma, si sviene. Punto. Mario era una specie di Top Gun sardo, bello e ironico, con il quale per più di un anno ho sorvolato il Sud Italia da Battipaglia fino alla baia di Palinuro senza dimenticare l’entroterra: il Vallo di Diano, ad esempio, boschi così fitti e montagne tanto impervie che tremavi al pensiero di un atterraggio di fortuna o di precipitare e morirci dentro. Chissà quando ci avrebbero ritrovati.


Le lezioni riuscivo a seguirle solo di sabato, quando non lavoravo, e si decollava con qualunque tempo se la torre di controllo ci dava il via. La procedura prevedeva una check-list della strumentazione, l’ok della torre e il rullaggio sulla pista. Motore avanti fino a raggiungere i 70 nodi e decollo. Staccarsi da terra era un momento magico. Sembrava di perdere peso e sostanza e mi venivano in mente i gabbiani, l’eleganza del loro librarsi nell’aria, di accompagnare il vento. La terra, il mare, ogni cosa sotto di noi diventava, poco alla volta, lontana e piccina, come quei modellini in scala dove, volendo, si possono spostare case, chiese, fabbriche, alberi e persone. Una sensazione di potenza e libertà che non avevo mai provato prima e che ancora ricordo con un tuffo al cuore. Avevo imparato in fretta a governare l’aereo, a seguire le indicazioni dell’orizzonte artificiale se c’infilavamo in una nuvola - in quei momenti era così facile perdere il senso dell’orientamento - ad assecondare o contrastare il vento, a picchiare e a cabrare. Una volta capitò che Mario, dopo avermi distratta, spegnesse il motore per vedere come avrei reagito. Non rammento di aver provato panico, ma solo, per pochi istanti, una sensazione di pace profonda in quel silenzio perfetto: il vento aveva il suono lontano di un mormorio sottile, era un sussurro gentile. Forse era questo che provavano gli uccelli e ora potevo provarlo anch’io.
Ma tutto finisce. La danza, il volo. I libri no. Scrivere è ancora la mia sfida e la mia gioia. Tutto finisce, ma restano i ricordi, sapere di aver superato e vinto una sfida, un traguardo, che ci eravamo dati. E la soddisfazione di poterlo ricordare e raccontare quando la nostra autostima vorrebbe prendere il volo.


E voi? Provate a ricordare quali sfide avete affrontato. Rammentate i successi ottenuti quando pensavate di non farcela. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha vinto una sfida.


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